La Chiesa del “Kopimismo”
11 gennaio 2012
Scaricare da Internet film, musica e ogni genere di file per molti è un diritto, ma per altri è addirittura un credo. Nel 2010 in Svezia, infatti, un gruppo dikopimi (da copy me, letteralmente copiami), adepti del culto del libero copiare, hanno fatto espressa richiesta al governo di riconoscere la loro fede come religione ufficiale. Dopo due tentativi falliti, oggi La Kammarkollegiet, cioè l’organo statale per la registrazione delle comunità religiose, riconosce ufficialmente la Church of Kopimism, la Chiesa del Kopimismo, fondata da Isak Gerson, studente di Filosofia.
Per la Chiesa del Kopimismo «l’informazione è sacra» e condividerla o copiarla deve essere considerato un sacramento. I kopimi sono più di 3.000 e dall’approvazione del loro credo aumentano a vista d’occhio. La religione che nasce in Svezia vanta già numerose adesioni in tutto il mondo. Sul sito ufficiale sono indicati i link di riferimento ai siti dei kopimi di altri Paesi, tra cui quelli americani, canadesi, francesi, russi. Il logo è Ctrl+C e Ctrl+V (copia e incolla) ed è caldamente consigliata la diffusione e l’utilizzo libero, ovviamente.
In Svezia è facile ottenere il riconoscimento di una nuova religione, in particolare da quando, nel 2000, la Chiesa di Svezia non è più religione di Stato. E’ rischiesta solamente la registrazione di un’organizzazione che svolga attività religiosa, ma non è compito poi del governo valutarne la natura. Non bisogna pensare che questa sia una mera provocazione, come può essere il Pastafarianesimo o l’Invisibile Unicorno Rosa. In realtà è molto di più. Le leggi svedesi riguardo al file sharing sono particolarmente restrittive e prevedono pene severe per chi scarica o condivide in rete materiale coperto da diritto d’autore. Sono altrettanto severe però le leggi sullaprivacy, perciò il materiale scaricato da un adepto del Kopimismo, essendo sacro e privato, non può essere considerato prova di pirateria. Con questo cavillo i kopimi, strettamente legati al Partito dei Pirati, strenui difensori del diritto al copyleft, sperano di raggirare la legge contro la pirateria e rendere più libera la navigazione in rete. Il fondatore Isak Gerson è convinto che questa decisione li ha «rafforzati molto e che sia possibile andare avanti». Dichiara inoltre in un’intervista rilasciata al giornale svedese The Local: «C’è ancora tanta gente preoccupata di finire in prigione per la copia di un file o per un remix. Mi auguro che grazie al Kopimismo tutto questo possa cambiare».
Mentre in Svezia si trovano singolari escamotage per liberalizzare il file sharing, negli USA pare invece sia alle battute finale il SOPA (Stop Online Piracy Act), la ferrea proposta di legge anti-pirateria in discussione al Parlamento da maggio del 2011. Fortemente sostenuta da case discografiche, cinematografiche e farmaceutiche, la legge propone un’azione legale contro chi viola il diritto d’autore – in primis i siti Internet – con una pena che può arrivare fino a cinque anni di carcere. Già sono pronte azioni di protesta da parte di Google, Wikipedia, Amazon, PayPal, riunite nel NetCoalition, gruppo di società del settore che sta spingendo contro una proposta che – secondo loro – limiterebbe la libertà in rete.
Sembra che una delle discussioni più animate negli ultimi tempi sia a buon diritto il mondo di Internet: la lotta tra copyright e copyleft che tocca interessi commerciali con cifre da capogiro; leggi-bavaglio o presunte tali che entrano nelle campagne elettorali; discussioni infinite sui danni o sui benefici provocati dai Social Network; movimenti che nascono e si sviluppano grazie alle rete in paesi culturalmente e politicamente repressi.
Senza cadere preda di facile demagogia, l’avvocato Guido Scorza, esperto di diritto informatico, ricorda semplicemente che, prima di ogni cosa, l’accesso alla rete è un diritto umano. Da oggi sappiamo che è anche un sacramento. Allora, parafrasando un immaginario sant’Agostino moderno, non possiamo che recitare: «Copia e fa’ quel che vuoi».