La violenza della Chiesa in Cina
24 aprile 2012
Si tengono dal 23 al 25 aprile i lavori della Commissione che dal 2007 studia la situazione dei cattolici in Cina. La sala stampa della Santa Sede comunica con gaudio che «nonostante i problemi e le difficoltà, anche i cattolici cinesi potranno vivere con grazia l’Anno della Fede, indetto da Benedetto XVI e celebrato in ogni parte del mondo dall’11 ottobre 2012 al 24 novembre 2013». I problemi e le difficoltà di cui parlano riguardano la spinosa situazione della convivenza tra cattolici ufficiali e ufficiosi in Cina.
Proprio in questi giorni esce in Italia il libro “Quale futuro per la Chiesa in Cina?” di Angelo Lazzarotto, missionario del Pontificio Istituto Missioni Estere, che racconta quali successi hanno riportato in Cina missionari, religiosi e fedeli e quali rischi ci sono ancora nella convivenza, addirittura paventando un probabile scisma tra Chiesa cattolica universale e Chiesa cattolica cinese.
Le notizie sulla Chiesa di Cina che ci arrivano sono quasi esclusivamente di cattolici che raccontano come essa sia stata perseguitata nel corso dei secoli, dei tentativi mirabili di missionari che in ogni modo hanno tentato di evangelizzare e di come negli ultimi 60 anni sia difficile la situazione anche per via delle scomuniche che i papi si trovano a dover dare a coloro che non riconoscono l’autorità di Roma in Cina e si professano cattolici. Nonostante ciò che ci viene raccontato appare evidente che la Chiesa continui, come sempre, a voler imporre la sua presenza attraverso l’evangelizzazione.
Papa Pio XII, nella lettera apostolica alla Chiesa cattolica in Cina del 1952 (cioè l’anno successivo all’interruzione dei rapporti diplomatici tra Vaticano e Cina), scrive che «diventiamo sempre più numerosi ogni volta che siamo mietuti, è seme il sangue dei cristiani. Come ognuno può osservare tutte le cose umane, tristi o liete, deboli o potentissime, presto o tardi dovranno scomparire; ma la società che Cristo Signore ha fondato, sotto la guida dell’eterno Dio, attraverso difficoltà e contrasti, insidie e trionfi, lotte e vittorie, continuerà ad assolvere la sua missione di pace e di salvezza sino alla fine dei secoli: potrà infatti essere combattuta, ma non potrà essere vinta». Parole di incoraggiamento per la comunità cattolica cinese che suonano però anche aggressive nei confronti della libertà del popolo cinese e di qualunque altro popolo. In altri passaggi papa Pio XII dice che la Chiesa non ha a cuore il potere terreno, ma ha interesse solo dei «i cuori degli uomini», ma si contraddice di fatto poco dopo parlando di rafforzamento e consolidamento dei rapporti tra i cittadini attraverso «le virtù cristiane» o meglio «con la pratica delle virtù e con le opere buone». Cosa sono queste se non l’ingerenza aggressiva in un’altra cultura? Le virtù cristiane di cui parla sono quei dettami di fede che oggi minano la laicità dello Stato italiano, per esempio. Come biasimare quindi un Paese che di lì a pochi anni (1957) decide di mettere un paletto definitivo ad uno Stato con il quale non comunica neanche più, attraverso la costituzione dell’Associazione patriottica cattolica cinese? Un’unica regola per chi pratica il credo cattolico in Cina: non riconoscere l’autorità del papa, cioè di un altro Capo di Stato. Alla Chiesa suona come un’offesa, ma non potendone negare la logica, si appella alle proprie regole (fondate su dogmi o concili riparatori, laddove le regole facevano acqua) e così dal 1957 la chiesa cattolica romana ha adottato la stessa regola all’inverso. A noi occidentali arriva il messaggio che tutti i cattolici cinesi che fanno parte dell’Associazione patriottica non sono veri cattolici e che tutti i sacerdoti cinesi proclamati vescovi senza il consenso del papa vengono ovviamente scomunicati.
Il cardinale John Tong Hon, in una lunga intervista rilasciata a 30 Giorni nella chiesa e nel mondo (mensile di Andreotti e Comunione e Liberazione) in occasione della riapertura dei lavori della Commissione sulla Chiesa in Cina, fa delle dichiarazioni interessanti in merito ai rapporti tra Vaticano, Chiesa cinese e il governo cinese. All’ultimo Concistoro il cardinale Tong Hon ha spiegato al Sacro Collegio la condizione della Chiesa in Cina usando tre parole: wonderful, difficult, possible.Sorprendente quanto sia cresciuto il numero di cattolici, «nel 1949 – spiega il cardinale – i cattolici in Cina erano 3 milioni, ora sono almeno 12 milioni». Con fierezza continua nel dettaglio i numeri della squadra all’opera, seminaristi, sacerdoti e suore che proliferano nelle strutture finanziate dal governo, ma anche nelle comunità clandestine. Difficile convivere con un governo che «come tutti i regimi comunisti teme la competizione della religione nell’influenzare le menti delle persone, le loro idee, ed eventualmente le loro azioni». Infine, è possibile che la Chiesa sia unita, ma solo se si rispettano alcune piccole regole, cioè quelle che il governo cinese non condivide.
In termini psicoanalitici, questo potrebbe definirsi un atteggiamento passivo-aggressivo. La chiesa prende stanza in Cina, forma i suoi sacerdoti nei seminari finanziati dallo Stato, parallelamente ne forma altri in clandestinità (immaginiamo finanziati dal Vaticano, altrimenti da chi?) e, in nome dell’evangelizzazione, insegna ai cinesi le famose virtù cattoliche cioè «la difesa della vita – come ricorda il moderato cardinale – i diritti inviolabili della persona, l’indissolubilità del matrimonio […] e le verità di fede e di morale così come sono esposte anche nel Catechismo della Chiesa cattolica». Però non ha interesse a «cambiare la struttura o l’amministrazione dello Stato» (Benedetto XVI). Mica!
Sicuramente perseguitando i cattolici, soprattutto tra il 1951 e il 1979, la Cina ha commesso dei gravi atti contro l’umanità e ha violato i diritti dell’uomo, in particolare la libertà di culto e non va lodata per questo, ci mancherebbe. Oggi però che queste atrocità, per fortuna, non ci sono più, resta incomprensibile l’atteggiamento della Chiesa cattolica. Rievoca l’ottusità di certe frange estreme di altre religioni, quelle che tentano di imporsi con la forza e che sacrificano i fedeli per gli interessi della gerarchia. E viene addirittura naturale simpatizzare per la Cina.
Sara De Santis