Settimo: non rubare

Settimo: non rubare

19 giugno 2012

Nel 2006 un cittadino consegna alla caserma dei carabinieri di Collegno (To) un portafoglio smarrito perché venga riconsegnato al proprietario. Uno dei carabinieri che prende in consegna il portafogli, lo svuota e ruba gli ottanta euro che conteneva. Una volta scoperto, viene espulso dall’Arma con un provvedimento disciplinare e in seguito condannato dal tribunale a un anno e 4 mesi per peculato. Il carabiniere ha però presentato ricorso al Tribunale amministrativo regionale. In questi giorni arriva la sentenza che ribalta completamente la situazione. Il Tar del Piemonte ha stabilito ilreintegro del carabiniere, motivando la sentenza con argomentazioni che non hanno sedato le polemiche, come la giovane età e l’inesperienza dell’accusato.

E’ chiaro che un carabiniere non rappresenti tutta l’Arma. E’ chiaro che il Tar abbia voluto dare una seconda possibilità a un giovane che si spera non commetterà più lo stesso errore. E’ chiaro anche che i cittadini possano sentirsi traditi o – peggio – legittimati a truffare. La sfiducia nello Stato, fortemente radicata nel cittadino sin dall’Unità d’Italia, e il perpetuarsi di comportamenti non virtuosi da parte di chi rappresenta le regole o chi amministra lo Stato, è un fardello da cui è difficile liberarsi.

Ci sono chiavi di lettura e contesti che vanno chiariti. Rubare è sbagliato, chiunque lo faccia e per qualunque motivo lo si faccia. Il carabiniere non deve rubare, come non deve farlo l’anziano al supermercato. C’è la tendenza superficiale a giustificare i propri simili, almeno fino a che non si subisce il danno. Nel momento in cui facilmente si alzano i forconi di fronte alle ingiustizie, è bene sottolineare che spesso le reazioni delle persone comuni non sono proprio coerenti. E’ però più grave quando non sono coerenti le reazioni e le azioni di chi ha ruoli di responsabilità. E’ vero che rubare è sbagliato, ma se lo fa un carabiniere è gravissimo. Il contesto fa la differenza. I politici che amministrano lo Stato, le Forze dell’Ordine, gli amministratori locali, i giudici sono tutti investiti di grande responsabilità, che comprendono non solo le azioni, ma anche l’esempio. Nell’ambito familiare si dice che ciò che educa i bambini non sono tanto le parole, quanto più l’esempio dei genitori. Prendendo spunto da questa metafora, che non vuole di certo paragonare lo Stato a una figura genitoriale e ridurre così quella del cittadino, si vuole sottolineare il valore della forma, che tanto spesso manca. I cittadini chiedono a gran voce che i politici riducano i propri stipendi. Non sarà certo questo a risolvere la crisi, ma sarebbe un segnale importante. L’espulsione del carabiniere non risolverà di certo le disfunzioni nelle Forze dell’Ordine – pensiamo agli avanzamenti di carriera di chi è accusato delle violenze di Genova – ma darebbe valore all’azione onesta di quel cittadino che ha consegnato un portafoglio integro e forse inviterebbe altri ad essere altrettanto civili.

Attendiamo quindi l’esito del voto del Senato, che mercoledì prossimo si pronuncerà sulla richiesta d’arresto per l’ex tesoriere della Margherita Luigi Lusi e aspettiamo con ansia il prossimo 5 luglio, per conoscere il verdetto della Cassazione sul processo di Genova 2001. Speriamo di segnare presto altre date importanti sul calendario. Nel frattempo, da cittadini onesti e civili, noi potremmo impegnarci a dare il nostro contributo pagando le tasse e rispettando il codice stradale. Così, giusto per cominciare a dare l’esempio.

di Sara De Santis

da Cronache Laiche