Pro vita, non importa come

Pro vita, non importa come

14 febbraio 2012

Il TAR del Piemonte respinge il ricorso presentato contro il provvedimento del governatore Cota, che prevedeva la presenza obbligatoria di volontari “pro vita” in consultori e ospedali pubblici piemontesi. Sembrava che il vento stesse cambiando nel 2011 quando fu presentato il secondo ricorso al TAR (dopo che il primo era stato accolto, ma quattro giorni respinto perché rettificato). Per esempio, Andrea Stara, consigliere regionale PD, aveva dato vita a una petizione che ha raccolto più di 6.000 firme e promosso la campagna di informazione chiamata Dillo a Cota, che ha visto inviare al governatore piemontese decine e decine di cartoline raccolte nelle piazze torinesi. Molte voci di assessori e consiglieri piemontesi si sono unite, nonostante le differenze di bandiera, a difesa della libertà laica nei consultori. Ma soprattutto, la Casa delle Donne di Torino in questi anni ha creato una fitta rete di associazioni, con la quale ha organizzato anche una protesta di piazza lo scorso 21 gennaio, in prossimità del verdetto del TAR, volto a sensibilizzare e informare i cittadini torinesi.

Nonostante la dura battaglia, Cota ha vinto. Finalmente può mettere una crocetta sul suo programma alla voce “difesa della vita”, uno dei punti forti della sua campagna politica, assieme alla “famiglia fondata sull’unione tra uomo e donna” e al “potenziamento della TAV”. Cota dichiara di essere soddisfatto e, anzi, si chiede come mai qualcuno abbia voluto bloccare una iniziativa che avesse solo un valore positivo. E’ quindi pronto ad allinearsi al modello lombardo di Formigoni, che dal 2010 ha offerto un assegno alle donne che dichiaravano di voler rinunciare all’aborto, una sorta di aiuto alle mamme che fanno ricorso all’interruzione di gravidanza per problemi economici. Con il completo appoggio del PDL, la giunta piemontese può finalmente «rimuovere ogni ostacolo economico alla vita» dichiara Gianluca Vignale, ex AN, ora consigliere regionale PDL, «aiutando le mamme in difficoltà anche dopo il parto e nei primi mesi di vita del figlio», cioè donando loro 250 euro al mese per 18 mesi.

Sono lecite le critiche sul criterio adottato in merito a tale aiuto, che non si basa sul reddito, ma sulla scelta ideologica. Una ingiustizia sociale clamorosa che contraddice fortemente i valori di rispetto e responsabilità della campagna “pro vita”. Ovviamente sorgono anche parecchi dubbi sulle donne che potrebbero sfruttare l’occasione di percepire l’assegno in modo scorretto, cioè richiedendo un’interruzione di gravidanza che non vorranno mai realmente portare a termine. A questo proposito il radicale Silvio Viale, responsabile del servizio IVG (interruzione volontaria gravidanza) dell’Ospedale Sant’Andrea di Torino, solleva la questione spinosa dicendo che «chi parla di “aborti per motivi economici” deve sapere che, tra le oltre 50.000 gravidanze piemontesi (nel 2009 9.485 IVG, 38.482 nati + gli aborti spontanei ), è probabile che il premio finirà a ben poche donne che volevano davvero abortire. Quante saranno quelle che chiederanno di abortire, che attiveranno le procedure per l’IVG, faranno gli esami, magari rinvieranno l’intervento, sapendo che possono rinunciare fino all’ultimo momento? Del resto, come contestare l’ingiustizia per quelle donne che, nelle stesse difficoltà, non chiederanno di abortire e sceglieranno di non abortire senza ricevere il premio?».

Il problema è chiaramente molto complesso se parliamo di persone che hanno difficoltà economiche serie e che addirittura decidono di rinunciare a un figlio per questo. Sicuramente alle spalle c’è la mancanza di lavoro, del sostegno della famiglia, del padre del bambino oppure ci sono semplicemente già altri figli da mantenere che gravano sul bilancio familiare. Nessuno dice come faranno queste donne ad aver risolto magicamente i loro problemi dopo i primi 18 mesi se manca il lavoro, un sussidio dignitoso ai disoccupati, asili nido e tutta la struttura sociale che dovrebbe sostenere la famiglia, non solo nelle campagne elettorali.

Sara De Santis