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Aldrovandi, ora la madre diventa imputata
28 febbraio 2012
Federico Aldrovandi, morto a 18 anni per mano di quattro poliziotti, non riesce ancora a trovare pace. Sua madre Patrizia da vittima oggi diventa imputata. Il prossimo primo marzo infatti si terrà la prima udienza del processo contro di lei, a seguito di una querela per diffamazione sporta dalla pm che svolse le prime indagini.
Federico è stato ucciso a Ferrara il 25 settembre 2005 dai poliziotti Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani e Luca Pollastri. Confermano la condanna per omicidio la sentenza in primo grado e quella in appello. A giugno quasi sicuramente darà conferma definitiva di colpevolezza anche la Cassazione.
La madre, Patrizia Moretti, ha aperto un blog poco dopo la morte del figlio, un blog che è molto più di un diario, è una finestra aperta sulla vicenda pubblica e privata del caso Aldrovandi. Si trova tutto in quei post, le fasi lente dei vari processi descritte minuziosamente, il dolore e il ricordo dei genitori, le foto di Federico bambino o cadavere, i commenti che esprimono solidarietà e rabbia, gli appuntamenti agli incontri pubblici di Patrizia con i parenti di altre vittime come Stefano Cucchi e Giuseppe Uva e anche le sue dichiarazioni, più o meno politicamente corrette. E’ un blog commovente attraverso il quale si comprende fino in fondo l’ingiustizia di questa morte, si capisce come non sia possibile trovare pace solo attraverso l’esito di un processo.
Patrizia Moretti dichiara da subito le sue perplessità su come procede l’inchiesta anche sui giornali, in particolare su Nuova Ferrara, giornale locale che segue il caso Aldrovandi sin dall’inizio e con particolare attenzione. Ed è proprio a lei e a Nuova Ferrara che arriva nel 2010 la querela per diffamazione da parte di Mariaemanuela Guerra, la pm a cui era stato affidato inizialmente il caso. Non è la prima volta che la mamma di Federico si vede recapitare notifiche di querela, molte da funzionari della Questura di Ferrara. Addirittura sono stati querelati anche semplici utenti che lasciavano commenti sul blog, che per paura di finire in Tribunale, hanno pagato direttamente. Questo caso è però eclatante perché a sollevarlo è un pm e quello che ha avviato il caso Aldrovandi. Patrizia Moretti infatti a pochi giorni dalla prima udienza si sfoga con parole forti: «Non capisco, davvero non capisco dove si voglia arrivare con le querele per diffamazione a carico della famiglia della vittima, a carico di chi scrive un commento o di chi pubblica un articolo. Forse cambierà la realtà dei fatti? No. L’unico morto è Federico. Vorrei si avesse rispetto per lui e per la sua giovane vita perduta. Per il dolore di tutti noi. Per un omicidio che ha assunto una rilevanza socialeproprio perché insabbiato. Chi querela ora è un magistrato. Ma cosa si sta cercando? Quale giustizia? Non vedo nessuna giustizia in una sua assenza durata mesi. Amaramente penso che chiquerela le vittime non cerchi giustizia, ma affermazione di potere».
Il caso Aldrovandi vede incastrarsi al suo interno processi per depistaggi e omissioni, anche con condanne a poliziotti. A buon diritto quindi Patrizia Moretti parla di insabbiamento. Abbiamo sempre sospettato che negli ambienti militari, della pubblica sicurezza o dei servizi segreti ci si copra a vicenda se il colpevole fa parte della categoria, ma in particolare dopo il caso Aldrovandi queste realtà scomode sono sotto gli occhi di tutti e non è possibile far finta che non siano reali, casi limite ma oggettivamente reali. Ovviamente solo dopo l’esito di un processo si può dire chi sia il colpevole, però è doveroso dare maggiore eco a situazioni gravi come queste e chiedere la partecipazione della collettività. Oggi l’opinione pubblica conosce i dettagli dei casi di Stefano Cucchi, Giuseppe Uva, Michele Ferrulli e Gabriele Sandri. Le loro foto, spesso scattate subito dopo l’omicidio, sono la disperata richiesta d’aiuto, il tentativo di non far cadere nel silenzio omicidi gravissimi e di far vedere come davvero sono andate le cose. Questo accade soprattutto grazie ai genitori di Federico. Probabilmente questa sensibilizzazione ha dato una spinta al caso di Gabriele Sandri, che si è risolto abbastanza velocemente. Gabriele, conosciuto ai più come il tifoso della Lazio, è stato ucciso l’11 novembre 2007 dall’agente di polizia Luigi Spaccarotella, che il 14 febbraio 2012 la sentenza della Cassazione ha condannato per omicidio volontario.
Nel caso della querela a Patrizia Moretti e al giornale Nuova Ferrara si aspetterà ovviamente la sentenza per giudicare chi abbia ragione, resta comunque la sensazione che sia mancato il buon senso – o quantomeno il buon gusto – nel trasformare la vittima di un reato gravissimo in imputata per un’inezia.